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Così vicini, così lontani: Racing-Independiente, la storia di una rivalità racchiusa in 300 metri.

  • Immagine del redattore: Tridente
    Tridente
  • 11 dic 2017
  • Tempo di lettura: 3 min


300 metri, è questa la distanza che separa lo stadio “Libertadores de America”, campo dell’Independiente, dal “Juan Domingo Peron” terreno di gioco del Racing. Avellaneda è il nome del quartiere che ospita le due squadre, perché sì, Independiente e Racing sono due squadre non solo dello stesso paese, non solo della stessa città (Buenos Aires) ma anche dello stesso quartiere, e ad Avellaneda le due squadre rappresentano una scelta di vita. Il Racing nasce nel 1903, l’Independiente due anni dopo, il primo derby risale al 1907 e a deciderlo fu un calzolaio, Rosendo Degiorgi, che oltre ad essere uno dei fondatori dell’Independiente, scese in campo nella partita inaugurale e segnò il gol del decisivo 3-2, Degiorgi infatti nella vita faceva il calzolaio, ma questo non gli negò di essere l’uomo decisivo per quel giorno.

Sebbene il “Rojo” (Independiente) sia la squadra più titolata tra le due, il Racing è quella con più tifosi (seconda solo a River e Boca) grazie anche alla sua tradizionale filosofia di bel gioco che negli anni le è valsa il soprannome di “Academia”; la rivalità è così accesa sia sugli spalti che in campo, tanto che in un derby del 1961 l’arbitro fu costretto a sospendere la partita per 6 minuti in quanto i giocatori se le stavano letteralmente dando di santa ragione, sette espulsi il bilancio, forse il culmine della rivalità sportiva, ma nel 1967 la rivalità tra le due squadre raggiunge il suo culmine mistico: in quel periodo infatti il Racing domina in patria e fuori, tanto da aggiudicarsi la Copa Libertadores e poi la Coppa intercontinentale, ma è proprio nella notte del trionfo intercontinentale che accade qualcosa di surreale: un gruppo di tifosi dell’Independiente si reca al “Cilindro” (nome con il quale è conosciuto lo stadio del Racing) e riuscendo ad intrufolarsi al suo interno, seppellisce sette gatti neri nel terreno di gioco, per lanciare una maledizione contro i rivali di sempre. Che ci crediate o meno, da quel momento in poi il Racing non vinse più niente fino al 2001, anzi nel 1983 retrocesse in seconda divisione, tale episodio passerà alla storia come “La maldicion de los siete gatos negros”, da quel momento la rivalità tra le due tifoserie non fece altro che crescere, tanto che la “Guardia Imperial” uno dei settori più caldi della curva del Racing viene ricordata per l’arresto di alcuni dei suoi leader a causa dell’assassinio di un tifoso dell’Independiente. La stessa tifoseria bianco-celeste si renderà tristemente nota anche nel 2006, quando con l'Independiente in vantaggio per 2-0, decise bene di aprire gli scontri con la polizia, partita sospesa e sconfitta a tavolino, la squalifica fu esemplare, la federazione argentina decise di vietare per alcune settimane le trasferte ma non solo alla “Guardia Imperial”, ma a tutte le tifoserie delle prime quattro divisioni argentine.

Per capire quanto sia sentita questa partita, quanta tensione scorra in quei 300 metri, chiedete alla famiglia Milito: una delle istantanee che meglio rappresenta il clasico di Avellaneda è quella che vede di fronte i fratelli argentini, con Diego a difendere i colori del Racing e Gabriel difensore degli odiati rivali biancorossi dell’Independiente, un derby che va addirittura oltre i legami familiari, tanto che nel 2003, il futuro attaccante dell’Inter durante uno scontro con il fratello non esitò a chiedere l’espulsione di quest’ultimo, suscitando la reazione di Gabi, che si scagliò contro il fratello maggiore, dimostrando come ad Avellaneda non c’è legame di sangue che tenga quando si parla di “clasico”; perché in Argentina il calcio è una fede ed Avellaneda ne è un esempio, non ci sono motivazioni politiche, sociali o religiose, ci sono solo 300 metri e una scelta di vita, che nel giorno del clasico divide la gente del “barrio”, così vicina, così lontana.

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