"COYI", l'anima operaia di Londra
- Simone Gaspari
- 9 feb 2018
- Tempo di lettura: 4 min

COYI. Un semplice acronimo formato da quattro semplici parole: Come on you Irons.
Un coro da stadio, qualcosa di semplice da imparare, ma efficacie, soprattutto quando a cantarlo sono migliaia di tifosi appassionati. Ma dietro a queste quattro parole, si nasconde una delle storie calcistiche più belle d’oltremanica.
Questa storia, queste parole, ci portano nella capitale, ci portano a Londra.
Ecco, parlando della Londra calcistica, ci sarebbero infinite cose da raccontare. Potremmo raccontarvi del Chelsea di Terry e Drogba, del Tottenham di Teddy Sheringham o dei Gunners di Thierry Henry, soprannominati “The Invincibles”.
Ma per la storia di oggi, lasceremo questi mostri sacri del football in pace.
Già, perché la Londra calcistica non si ferma qui. Sono ben 17 i club professionistici iscritti alla Football Association della sezione di Londra. Tra questi club però, ce n’è uno in particolare che spiega cosa voglia dire mantenere le origini, cosa sia la tradizione e cosa sia il calore di un’intera classe sociale: stiamo parlando del West Ham United F.C.

Il West Ham nasce nel 1895 nel distretto operaio di Newham, sulle sponde del Tamigi nella Londra orientale. Qui ha sede la compagnia portuale Thames Ironworks, che si occupa della lavorazione del ferro per i trafficati cantieri navali della Londra di fine ‘800. E’ proprio il proprietario, il filantropo Arnold Hills, che decide che i suoi operai hanno bisogno di uno svago, un dopolavoro da svolgere in compagnia, che possa per un attimo fargli dimenticare le fatiche del loro lavoro. Ed è così che nasce il Thames Ironworks F.C.
Maglia nera, pantaloncini neri, calzettoni neri. Due martelli e una palla da football, sono questi i simboli del club, che richiama l’animo operaio dei suoi componenti. Sul petto è stampata una semplice Union Jack, con l'acronimo T I W (Thames Iron Works).

Il primo campionato degli Irons è quello della stagione 1898: vincono la London League. Ma per competere nei campionati professionistici, c’era bisogno di ingaggiare giocatori forti, campioni. Fu così che, per ragioni economiche, il club cambiò denominazione e il 5 luglio 1900 nacque ufficialmente il West Ham United F.C. Oltre al nome, cambiarono anche i colori sociali: il nero lasciò spazio all'iconico claret and blue, che tutt’oggi rappresenta il club.
Ciò che non cambiò però, fu l’anima di quella squadra. Lo stemma mantenne i suoi simboli, i due martelli incrociati troneggiavano ora più che mai sulle divise del West Ham.

La squadra aveva bisogno di una casa, un campo in cui disputare i suoi incontri. Optarono per un impianto nuovo, costruito nel quartiere di Upton Park e chiamato The Castle. La loro prima partita ufficiale nella nuova casa fu disputata il 2 settembre 1904.
Questo stadio, il cui ingresso da su Green Street, cambiò poi nel corso della storia numerosi nomi, ma il West Ham ne fece un proprio simbolo, giocandovi ininterrottamente fino al 2016, prima di trasferirsi all’Olympic Stadium per motivi economici.

La demolizione dello storico impianto di Upton Park, ha lasciato un vuoto incolmabile nei cuori dei tifosi degli Hammers, che nella loro vita non hanno mai potuto gioire per grandi vittorie o per la conquista di grandi trofei.

La storia sportiva del West Ham non è infatti costellata di grandi trionfi, ma può comunque annoverare tra le sue fila alcuni dei più grandi campioni del calcio inglese.
L’apice viene toccato negli anni ’60, quando grazie a campioni del calibro di Geoff Hurst, Martin Peters, Roy Wilson e Bobby Moore il West Ham conquista 2 F.A. Cup. Nell’estate del ’66 questi 4 ragazzi contribuiscono alla vittoria dell’unico mondiale della storia inglese. La finale contro la Germania Ovest viene decisa da una tripletta di Hurst e da un gol di Peters. Bobby Moore alzò invece la coppa da capitano dei Lions. Questo trionfo viene ricordato con piacere dai tifosi degli Hammers, perché in molti lo pensano: se l’Inghilterra ha vinto il mondiale è anche grazie a noi. La statua delle quattro leggende è ancora lì, a Green Street, per ricordare a tutti i passanti che quei quattro giocavano per il West Ham.

Il West Ham non è ricordato forse per i suoi trionfi, ma c’è una cosa che gli Hammers non hanno mai perso nel tempo, ed è il calore e la passione dei propri tifosi.
Il tifo degli Hammers è tutt’ora uno dei più caldi d’Inghilterra ed anche se la loro casa è cambiata, entrare all’Olympic Stadium lascia sempre a bocca aperta.
Ovviamente, come ogni tifoseria che si rispetta, anche gli Hammers hanno delle rivalità. Oltre a quelle con Chelsea e Tottenham, la rivalità più sentita è certamente quella con il Millwall F.C, sfociata spesso in vere e proprie guerriglie tra le due tifoserie soprattutto durante il periodo Hooligans, quando la temuta Inter City Firm (gli hooligans del West Ham) si rese protagonista di durissimi scontri con i temibili tifosi del Millwall.

Sebbene in molti lo ignorino, molto spesso le rivalità calcistiche hanno radici molto più profonde di quello che si possa pensare. Spesso, bisogna ricercare fatti storici, sociali, avvenimenti che con il calcio c’entrano ben poco all’apparenza. Ed anche in questo caso, l’odio ebbe inizio fuori dal campo di calcio. Sì, perché quella che all’inizio era una semplice rivalità sportiva tra una squadra di operai e una di portuali, si trasformò in vero e proprio odio in seguito allo Sciopero Generale del 1926. In quell’occasione tutti gli operai dei Royal Docks (in cui lavoravano anche quelli del West Ham), scioperarono contro le condizioni lavorative. I portuali dei Millwall Docks, non lo fecero. Fu subito guerra. La rivalità si trasferì nel campo da calcio, toccando l’apice negli anni 70/80. La rivalità è ancora molto accesa ed ha ispirato un film, Green Street Hooligans, ma non tocca più fortunatamente i livelli di un tempo.
Ciò che rimane oggi, quando si varcano i cancelli dell’Olympic Stadium, è solamente tanto stupore. Stupore che cresce quando i tifosi del West Ham intonano il loro inno, “I’m forever blowing bubbles”, accendendo gli animi della gente di quella zona di Londra, che ha mantenuto l’animo operaio di un tempo, lontana dai grandi palcoscenici europei e dai grandi trionfi nazionali, ma dove ancora oggi, si può respirare il vero football e dove la passione per questi colori, il claret and blue, non tramonterà mai.
“Come on you Irons! Come on you Irons!”
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