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La Ciudad de fùtbal

  • Immagine del redattore: Simone Gaspari
    Simone Gaspari
  • 3 mag 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

Dimenticate Londra, Parigi, Milano o Madrid. Scordatevi per una secondo del Barcellona dei fenomeni o delle grandi e gloriose squadre europee.

E non tenete in considerazione nemmeno Buenos Aires e le sue due squadre leggendarie, Boca Juniors e River Plate.

Niente di ciò che avete letto sopra, sebbene si tratti di città e di squadre che hanno scritto pagine della storia del calcio mondiale, possono fregiarsi dell'appellativo che descrive la città di cui parleremo oggi: ciudad de fùtbal. Letteralmente, città del calcio.

Di che città parliamo? Ci troviamo sempre in Argentina, ma non nella grande Buenos Aires, bensì nel capoluogo della provincia di Santa Fé, situato a circa 300 km dalla capitale: ci troviamo a Rosario.

Perchè questa città argentina possa vantare questa prestigiosa etichetta, è abbastanza semplice da intuire: qui, sulle rive del fiume Plata, sono sbocciati alcuni tra i più grandi campioni della storia del calcio argentino e internazionale.

Ricordarli tutti in questo articolo sarebbe impossibile. Basti pensare però, che questa città ha dato i natali a campioni del calibro di Angél Di Maria, Mario Kempes, César Luis Menotti, nonchè a colui che, a detta di molti, è il più grande "Diéz" della storia del calcio: Lionel Messi.

Già, forse non tutti sanno che il campione del Barcellona ha mosso i suoi primi passi (e tirato i primi calci) nei campi di Rosario, dove non tutti però avevano intuito le sue immense potenzialità.


"E' troppo gracile questo ragazzino, non diventerà mai un calciatore! A malapena riesce a giocare con i ragazzini della sua età, figuriamoci quando affronterà quelli più grandi!"

Beh, col senno di poi immaginiamo che qualcuno si sia dovuto per forza ricredere, ma all'epoca solo una squadra fu disposta a credere in lui. Stiamo parlando di una squadra della sua città: il Newell's Old Boys.

E qui arriviamo ad un altro punto cruciale della nostra storia sul soprannome legato alla città di Rosario, ciudad de fùtbal, e al perchè si chiami così.

Quando pensiamo ai grandi derby, o "clasicos" come amano chiamarli a queste latitudini, è sbagliato pensare solo a Boca-River o Indipendiente-Racing.

Perchè al contrario di Buenos Aires, luogo cosmopolita e mutevole, Rosario ha contorni e tradizioni ben definite, che sfociano nel clasico più sentito d'Argentina: Rosario Central contro Newell's Old Boys.

Qui a Rosario, la città è letteralmente divisa in due: o sei Canalla, o sei Leproso. Non si sfugge.

La connessione con una delle due squadre, che siano i gialloblù del Central o i rossoneri del Newell’s è sinonimo di simbiosi per la gente di Rosario, un attaccamento che va al di là del semplice tifo. Ti entra nel sangue.

Gli stessi soprannomi delle due squadre fanno capire bene l’aria che si respira da queste parti.


Quelli del Central sono le canallas, le canaglie. Quelli del Newell’s? Leprosos, lebbrosi. I due soprannomi nascono per riflesso dalle due tifoserie in quanto, come si evince, non sono soprannomi propriamente amichevoli. La storia (o leggenda) ne identifica la nascita attorno agli anni ’20 quando il Patronato dei Lebbrosi, situato nel più grande ospedale cittadino, decise di organizzare una partita di beneficenza con lo scopo di raccogliere fondi tra Newell’s e Central. Il risultato? I primi accettarono, i secondi no.

Da quel momento, quelli del Central diventarono canaglie, gli odiati cugini vennero etichettati come lebbrosi. Questo per far capire il clima che si respira durante i giorni di derby, sia che si giochi nel maestoso “Gigante de Arroyito”, tana del Central, sia che si giochi nello stadio del Newell’s, rinominato Estadio Marcelo Bielsa, in onore del grande allenatore argentino da sempre legato ai Leprosos.


Ed è proprio “el loco” Bielsa a spiegare cosa distingue questo clasico dagli altri, in particolare fa riferimento al più conosciuto di tutti, ovvero Boca-River: “A Buenos Aires una sconfitta nel clasico è più sopportabile perché viene smorzata dalla presenza di grandi edifici, dall’estensione della città: c’è sempre un luogo in cui nascondersi. A Rosario lo sconfitto non conosce pace: sono capaci di venirti a cercare sotto il letto per prenderti per il culo”

In queste semplici parole di uno dei tecnici più famosi del panorama internazionale, è da ricercarsi il senso di questa sfida. Qui, giganteschi murales colorati delimitano la fede calcistica, dividendo Rosario da Nord a Sud, un po’ come accadeva a Belfast politicamente. Perché qui a Rosario, nella ciudad de fùtbal, non puoi scappare, non puoi nasconderti: o sei Canalla, o sei Leproso.






 
 
 

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