Shahravard: la stracittadina di Teheran
- baldifederico
- 17 mar 2018
- Tempo di lettura: 3 min

Quando pensiamo all’Iran la nostra mente si dirige verso scenari di guerra, verso un paese ricco di contraddizioni, verso una repubblica islamica fedele alla propria religione, al proprio credo, ma l’Iran non è solo questo; l’Iran come quasi ogni altro paese del mondo vive anche di sport, in particolare Teheran è divisa da una fede calcistica: la capitale si ferma ogni qualvolta che allo stadio scendono in campo i “Rossi” contro i “Blu”. La storia del derby di Teheran nasce attorno agli anni ‘60 quando allo stadio Amjadiyeh si affrontavano le due squadre più popolari della città: Shahin e Taj, la prima era la squadra del popolo, il club infatti aveva così tanti seguaci che nel 1967 i vertici della Federcalcio iraniana preoccupati dalla dilagante fede per la squadra decisero di scioglierlo, favorendo l’altra squadra della capitale, il Taj (letteralmente “corona”) che godeva del benestare delle istituzioni, squadra della classe superiore, dei padroni, dei ricchi, che successivamente cambiò il proprio nome in Esteghlal, nome che ancora oggi vige. Sulle ceneri del vecchio Shahin venne però creata una nuova squadra, prendeva il nome di Persepolis e raccoglieva tutta quell’eredità di tifo cittadino del Shahin, identificandosi con la classe operaia del paese.

Inutile dire che il derby tra Persepolis ed Esteghlal è ancora oggi il derby più sentito d’Iran, ma non solo, nel 1968 venne addirittura proclamato come derby più importante d’Asia. Questo match è stato da sempre sentitissimo da tutto il paese, ma a differenza di altre stracittadine ha sempre faticato ad esportare la propria tradizione al di fuori dei confini nazionali, un po’ per la natura piuttosto territorialista e restia alla comunicazione internazionale dell’Iran e un po’ a causa della guerra che il paese dovette affrontare durante gli anni ‘80 contro l’Iraq, che bloccò il paese e di conseguenza anche il derby. Ma una volta superato questo momento difficile, anche con l’aiuto e la diffusione del satellite (che favoriva la trasmissione televi all’estero), questo derby è emerso nel paese e non solo, come una manifestazione di sport che attira allo stadio migliaia di spettatori e ne incolla ai teleschermi altrettanti; come uno scontro tra due classi sociali è vero, ma come un momento sacro per ogni iraniano; inoltre la trasmissione della partita all’estero attirò numerosi sponsor che esaltando il derby, andarono di conseguenza, a finanziare la crescita delle due squadre, portandole ad essere le più importanti del paese e di fatto a monopolizzare anche la nazionale iraniana.

Oggi ogni qualvolta si scontrano allo stadio “Azadi” Rossi contro Blu gli spalti si riempiono di 100mila tifosi (un numero di spettatori che compete con quello dei più importanti derby europei), con in media almeno altre 20mila persone che rimaste senza biglietto, assistono alla partita al di fuori dello stadio. Una gara sentitissima che ferma un paese intero, e come ogni derby che si rispetti, fuori e dentro il campo non sono mai mancati gli scontri, tra giocatori e tra tifosi; un match così nervoso tanto che uno dei migliori direttori di gara iraniani Mohsen Torky, alla vigilia di uno dei derby fu accolto da dichiarazioni che lo invitavano a mandare moglie e sorella in un luogo sicuro, per tutelarle da eventuali ripercussioni dei tifosi in caso di errori arbitrali. Da quel momento in poi nessun arbitro iraniano volle più dirigere quell’incontro, così dal 1995 ad arbitrare sarà sempre chiamato uno straniero, che garantisca maggiore imparzialità, ne sa qualcosa anche Roberto Rosetti, fischietto italiano che ha avuto l’”onore” di dirigere per una volta questa partita.

Tra le tante edizioni che si ricordano, una in particolare, quella del 2000 vide letteralmente impazzire i giocatori: il portiere dell’Esteghlal infatti al termine di un’azione di gioco sferrò un pugno verso un attaccante avversario, l’episodio scatenò una vera e propria rissa che degenerò anche sugli spalti, tanto che gli scontri furono placati definitivamente solo il giorno dopo ed il bilancio vide ben sei giocatori finire in arresto. Questo derby, così poco conosciuto nel mondo, ha un significato talmente importante per gli iraniani che persino le donne, che in Iran non possono entrare allo stadio, ogni volta che si gioca lo “Shahravard” (la stracittadina) tentano di intrufolarsi, travestendosi da uomini, per assistere alla partita dal vivo; tutto ciò rende atto della dimensione che questo evento ha per gli iraniani, che davanti alla magia del calcio e al fascino di un derby, si fermano incantati dalla propria squadra, immedesimati nei propri idoli, lasciando per novanta minuti da parte le differenze etniche, entrando a far parte di un unico popolo globale, che unisce tutti, quello del calcio.

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